In terra di 'ndrangheta,non c'e' vergogna,nonc'e' pudore,non c'e' civilta'.Non vorrebbero liberta' di pensiero ne' di espressione ne' di stampa.
La democrazia in una terra come la Calabria viene soffocata nelle sue espressioni vitali.
Essere giornalisti in Calabria non e' affatto facile.
Raccontare una terra difficile ,i suoi usi e costumi ancestrali ,la sottomissione ad una subcultura secolare,diventa una colpa passibile di morte.Ci sono giornalisti e giornalisti.C'e' chi collude col potere ,chi e' servo del potere stesso ed e' parte di quella zona grigia ,vera linfa della ' ndrangheta e chi invece fa il proprio mestiere di cronista.Ma questo non piace a gente finora abituata al silenzio complice.
C'e' chi critica alcuni magistrati antisistema e chi ,invece li sostiene,assolvendo al proprio compito.
Cosi' avviene che un giornalista per aver riportato nient'altro che la cronaca di una processione viene intimorito e costretto a girare sotto scorta mentre c'e' dall'altra parte qualcuno che critica il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria per aver dichiarato che la stampa e' uno strumento valido nella lotta alla criminalita' organizzata ma non tutti i giornalisti ne fanno un buon uso.
Esprimiamo la nostra vicinanza e solidarieta' al giornalista del Quotidiano della Calabria,Michele Albanese ,costretto da ieri a vivere sotto scorta per aver denunciato l'inchino nella famosa processione di Oppido .
Tutto questo ci fa capire che e' in atto una guerra sotterranea che tende ad arginare l'idea di resistenza che in Calabria sta avanzando grazie ad una certa magistratura,stampa e associazionismo.
Il potere ,quello malato,in questa regione e' lento a morire e mette in campo tutte le proprie armi,dalle intimidazioni all'opinione compiacente.
Preghiamo chi ha una coscienza critica di tenere accesi i riflettori su questa terra perche' il clima in atto non riteniamo sia dei migliori.
AM
La democrazia in una terra come la Calabria viene soffocata nelle sue espressioni vitali.
Essere giornalisti in Calabria non e' affatto facile.
Raccontare una terra difficile ,i suoi usi e costumi ancestrali ,la sottomissione ad una subcultura secolare,diventa una colpa passibile di morte.Ci sono giornalisti e giornalisti.C'e' chi collude col potere ,chi e' servo del potere stesso ed e' parte di quella zona grigia ,vera linfa della ' ndrangheta e chi invece fa il proprio mestiere di cronista.Ma questo non piace a gente finora abituata al silenzio complice.
C'e' chi critica alcuni magistrati antisistema e chi ,invece li sostiene,assolvendo al proprio compito.
Cosi' avviene che un giornalista per aver riportato nient'altro che la cronaca di una processione viene intimorito e costretto a girare sotto scorta mentre c'e' dall'altra parte qualcuno che critica il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria per aver dichiarato che la stampa e' uno strumento valido nella lotta alla criminalita' organizzata ma non tutti i giornalisti ne fanno un buon uso.
Esprimiamo la nostra vicinanza e solidarieta' al giornalista del Quotidiano della Calabria,Michele Albanese ,costretto da ieri a vivere sotto scorta per aver denunciato l'inchino nella famosa processione di Oppido .
Tutto questo ci fa capire che e' in atto una guerra sotterranea che tende ad arginare l'idea di resistenza che in Calabria sta avanzando grazie ad una certa magistratura,stampa e associazionismo.
Il potere ,quello malato,in questa regione e' lento a morire e mette in campo tutte le proprie armi,dalle intimidazioni all'opinione compiacente.
Preghiamo chi ha una coscienza critica di tenere accesi i riflettori su questa terra perche' il clima in atto non riteniamo sia dei migliori.
AM